Le origini dell’arte musiva

La parola “mosaico” deriva dal greco e significa «opera paziente, degna delle Muse». Senza dubbio rappresenta una delle più alte espressioni dell’arte e uno dei più antichi e appariscenti mezzi d’ornamentazione come parte integrante dell’architettura. I reperti archeologici delle città di Ur e Uruk testimoniano che i Sumeri, nel 3000 a.C. abbellivano le loro costruzioni con decorazioni geometriche  inserendo, nella malta fresca, coni di argilla dalla base smaltata di bianco, nero e rosso, che servivano anche a proteggere la muratura in mattoni crudi. In Grecia nel VIV secolo a.C., si diffusero mosaici pavimentali di sassolini, nati più con funzioni pratiche che estetiche, per rendere impermeabile e resistente all’usura il pavimento in terra battuta. Le prime testimonianze di mosaico a tessere  di pietre naturali nell’antica Roma si datano attorno alla fine del III secolo a.C.. Successivamente, con l’espansione in Grecia e in Egitto, si sviluppa un interesse per la ricerca estetica e la raffinatezza delle composizioni. Con la diffusione del Cristianesimo intorno al III sec d. C. e con la conseguente costruzione di luoghi di culto, il mosaico passa dai pavimenti alle pareti con predilezione di soggetti sacri. Anche il materiale diventa più prezioso e ricercato, le paste vitree dilagano nelle chiese, mentre le tessere di oro indicano una luce spirituale e una dimensione soprannaturale. Tra il XV e il XIX sec. il mosaico si evolve diventando  succube però della pittura perdendo la sua autonomia e funzione , mostrando così notevoli virtuosismi tecnici. Nel Novecento molti artisti come Guadi, Klimt, Severini etc. restituiscono al mosaico una nuova vita in sintonia coi tempi moderni. Fanno rinascere le dimensioni monumentali di sintesi del mosaico, il grande respiro in sintonia con l’architettura, sviluppano soluzioni di design, elementi di arredo, pannelli e forme da inserire negli spazi della quotidianità.